Il Ragno

In una teca di vetro ecco un ragno speciale: la vedova nera.     Alla bimba che si avvicina faccio la raccomandazione: “Attenta, questo ragno è velenoso, se ti avvicini ti può mordere!”. Ma lei mi rassicura: “Ma non vedi che sta chiusa dentro qui? E poi, farei la mia mossa segreta: il salto della rana, e mi salvo!”.

Chiusa nella sua tana, la vedova nera ha poche relazioni; quando esce, traccia qua e là i fili della sua tela, spesso invisibili, finchè stringe a sé la sua preda…e non pensate sia solo un suo nemico, perché anche chi le è vicino viene avvelenato e annientato: non per niente è chiamata così. E più passa il tempo, più è velenosa.

“Cos’è quel segno rosso che ha sulla schiena?” domanda la bimba. “Quella, guardala bene, richiama a una clessidra per misurare il tempo. Come a dire: guarda che è questione di tempo: prima o dopo ti farò morire col mio veleno!” e mostro la faccia da paura. “Anche la rana ha sulla schiena dei segni” mi ricorda lei. “Sì, ma quelli sono segni di speranza e di vivacità, di voglia di saltare qua e là, di richiamo alla vita e non alla morte” e intanto le faccio segno con la mano di venir via da lì e procedere più in avanti. Ma lei si sofferma ancora un poco a osservare: “Ma se prima faceva questo male col suo veleno, adesso è lei che è messa male…”. “Cosa vuoi dire?” le chiedo. “Qui dentro non è più quella che era prima: è come in prigione, e poi non ha più nessuno non solo da avvelenare, ma neanche come compagnia. E poi, qui le mettono lì il cibo, non ha più neanche il gusto di cercarlo, né di creare la ragnatela per questo…e non fa male più a nessuno, adesso; starà male solo lei, qui così!” e si accompagna alla mia mano. “Hai detto proprio bene: adesso lei è solo vedova di se stessa, da ora in poi”.