“Guardalo…- mi richiama la bimba indicando il puma – non sorride mai…”.
“Ma come fai a capire se sorride o no?” ribatto distrattamente.
“Guardalo, guardalo bene…non solo è nero, e proprio nero nero,
ma si muove anche sempre sospettoso, non tranquillo…è troppo serio…” e lo
sguardo della bimba segue il muoversi del puma, che vaga qua e là tra le fronde
dell’albero.
“Ti fa paura?” le chiedo.
“No,no…mi fa soggezione, mi trasmette come un brivido, ma non di
paura…non so come dirlo…” e osserva un po’ preoccupata anche me.
Trasmettere l’educazione con modo di soggezione, dare tutto quel
che si deve senza atmosfera di amore, esigere onore e rispetto agendo verso gli
altri con disprezzo e dispetto, penso che la bimba non osi dire di chi sa quel
che ha sperimentato di già, ora che quel puma gli rappresenta quel che per lei
è reminiscenza, sofferenza e umiliazione, ma non vuol da sempre denunciar come
triste situazione.
“Non preoccuparti – la rincuoro – il color verde del tuo essere
rana non sarà mai come quel nero che più nero non si può del puma!”.
“Già…” approva lei con uno sguardo sconsolato.
Sembra proprio aver la rana fatto un salto nello stagno della
nostalgia, dove non ha trovato quel che si aspettava in bene, e allora è
balzata su questo nuovo lembo di terra, che se da un lato le ha conservato un
po’ male per la nostalgia, in questo momento le sta tamponando quel bene che le
stava andando in emorragia.