“Quel becco di quell’uccello sembra proprio una grande borsa!” mi disse la bimba. “E’ una sacca per contenere il nutrimento da dare ai suoi piccoli!” risposi con decisione. “Ah, che fortuna che hanno quei piccoli…” disse lei con tono un po’ sconsolato. Capii che senza far sapere com’era per lei, alludeva al fatto di non essere accudita con quell’amore che le suscitava quel becco del pellicano. “Dobbiamo vivere momento per momento quello che la vita ci dà – le dissi a tono un po’ consolatorio – e non sempre possiamo avere le risorse già pronte per affrontare la nostra vita”. “Però, il pellicano provvede ai suoi piccoli, e lo si vede bene da quel becco così grande” riaffermò con saggezza e un po’ di invidia. Già, quella natura animale le stava dicendo come spesso la mancanza di un segno indicava anche all’umano la mancanza di un amore che avrebbe dovuto esserci, e che non c’era affatto. “Il pellicano è un portatore di cibo, di assistenza, e quel becco è come un bagaglio dove portare le risorse della vita” conclusi, avviandomi avanti.
“Invece delle parole, nella sua bocca c’è il cibo per i suoi piccoli
-osservò la bimba stando ancora ad osservare il pellicano – un po’ come quando la
rana gonfia il suo mento, come a voler essere come questo pellicano”. Già, la
bimba/rana, pur non avendo niente da dare, avrebbe voluto essere di aiuto agli
altri, in quel che gli era possibile. Ma dall’altra parte, spesso, ha trovato
solo la sottolineatura della sua nullità, della sua incapacità del vivere,
della sua impossibilità ad accedere alle possibilità umane e solidali. La rana
avrebbe voluto riempire la sua sacca per dare qualcosa ad altri, ma altri
l’hanno bloccata col becco grande e vuoto, mostrandole l’inutilità del vivere
per amore, e per donare.