“Questo animale è come la rana – dissi alla bimba – perché ha un po’ di umano del Papa e un po’ di animale del gallo!”.
“Come il Papa, perchè deve ripetere le cose per farcele capire,
e come lui perché deve svegliarci nel non dormirci sopra!” osservò.
La definizione della bimba mi apparve di una teologia sopraffina
e concreta, e mi fece capire che con poche parole si può dir tutto.
E per di più, dir con ironia appariva valer meglio che in
serietà.
Veder la bimba invader la teologia mi apparve roba strana, ma
forse occorreva avere il senso dell’intuito e del lasciarsi andare oltre, era
tutta qui la questione. Forse releghiamo ai bimbi solo le cose banali e
inutili, senza pensare che essi ci possono dare, se diamo loro le possibilità,
le cose migliori. Ma finchè li trattiamo da bambini e da bambocci, riducendoli
a fantocci per noi, queste possibilità meravigliose non possono emergere per
noi. Far emergere dalla bimba le sue facoltà, è la sua possibilità. Ma dipende
da noi, dal non farci superiori, dal non far da papa e dal non credere di
essere noi il gallo del pollaio. Un po’ di umiltà…
Certo, il pappagallo ha uno stile di dignità nel suo portamento,
e ci invita a far altrettanto, a seguirne lo stile e le modalità, ricordandoci
di non stancarci nel ripetere le cose, perché, come dice il detto: “Repetita
iuvant”, se tutto è fatto con amore.
A volte succede che ripetiamo, ripetiamo e rifacciamo senza
valore e senza senso più di tanto, dimenticando che dobbiamo uscire dal livello
della superficialità e del dovere, e lasciarci guidare, come fa ora qui questa
bimba, dalla contemplazione.